Sette

E così hai compiuto sette anni.
Nel bel mezzo di uno dei tuoi periodi più “focosi”… Sei in versione terremoto+tsunami+eruzione vulcanica, ultimamente!
Mentre davo di piglio alla nostra casetta, per renderla calda e accogliente per i tuoi amichetti, pensavo a quanto questa casa contenga, a tutte le tracce lasciate dalla nostra famiglia, nel corso delle generazioni.
E alle tracce che tu hai lasciato dentro di me, nella mia anima e sul mio corpo.
Inevitabilmente ho ripensato al tuo primo sguardo, bimbino microscopico, nato con gli occhi aperti, alla fine di un travaglio infinito e di un parto estenuante.
Alla voracità famelica con cui ti attaccavi al mio seno, alla tua manina che vi tamburellava sopra.
Già allora.
Quante volte mi sono chiesta qual è stato il preciso momento in cui mi sarei dovuta accorgere che eri così speciale.
Forse quando ti vedevo completamente assorbito dalla musica, o quando hai cominciato a riprodurre il ritmo di ogni canzone, con le tue manine instancabili…
Quando hai cominciato a non guardarmi più, a non rispondermi più…
Ma non ho voglia di stare a crocifiggermi ora.
Il tuo compleanno e la tua festa sono stati uno sballo!
Eri così orgoglioso!
E come è stato bello vederti in mezzo ai tuoi compagni di classe, vedere quanto ti vogliono bene, rendermi conto di come la tua piccola vita, contenga cose che non conosco affatto…
Ti sei innamorato, vero?
Lei è molto carina, la più carina della classe in effetti.
E ti guarda in un modo che non lascia spazio a dubbi di alcun genere.
E hai anche un amico del cuore.
Fai attenzione: sembra timido e delicato, ma è più discolo di te!
Hai scoperto la complicità.
Hai scoperto che stare in mezzo a loro non è poi così spaventoso.
Strano a dirsi, ma sei esattamente come i tuoi compagni, fate le stesse cose, amate le stesse cose… Quei dinosauri, di cui conoscete tutti i nomi, e quei mostriciattoli dall’aspetto ributtante.
E vi piace ballare!
Mica normale però, per dei pischelli nati dopo il 2005, agitarsi tanto sull’onda della disco music anni ’70!!! Cos’è ? Il vostro orizzonte musicale non offre di meglio?
Pazienza, tanto tu sei venuto su a Led Zeppelin e Rolling Stones!
Certo, magari un giorno sarebbe bello vederti ballare rivolto verso il gruppo e non dando le spalle agli altri bambini…. Intanto però non sei scappato via tappandoti le orecchie.
Si, perché alla fine succede anche questo: che la tua mamma si guardi indietro, si metta a pensare a come eri tu fino a tre anni fa, a quanto dolore ha accumulato, a quel senso di impotenza e di terrore verso il futuro…. E si metta a ridere.
Sei cresciuto talmente tanto, amore mio, sei diventato così grande, così spigliato, così maturo, che adesso, nei tuoi momenti di sclero, posso anche permettermi di essere più rilassata.
Adesso li prendo come fasi, so che attraversi periodi terribili, nei quali non si riesce a comunicare con te, nei quali qualunque cosa diventa causa di urla e pianti e strepiti… Ma adesso so che passa.
E che quando passerà, ti ritroverò ancora più cresciuto.
Adesso posso anche permettermi di arrabbiarmi e di rimproverarti, se ti comporti male, come farebbe una mamma qualunque, di un bambino qualunque, senza stare a farmi tante paranoie sul perché e il percome del tuo comportamento.
Finalmente posso dirti che i piedi sui miei meravigliosi divani bianchi non ce li puoi mettere!
Hai sette anni, cucciolo mio, e non avrei mai pensato che sarebbero stati così.
Ad un passo dalla “normalità”.
Ti guardo disegnare i tuoi dinosauri e ripenso a quando cercavo di farti tenere una matita in mano, senza riuscirci, perché non potevi lasciare una traccia, non potevi sporcare il foglio, non potevi esercitare una pressione sulla carta….
Adesso quando ti dondoli per rilassarti, ti faccio una carezza e passo oltre…
Appena ti sentirai più sereno smetterai e tornerai a giocare.
Tuo nonno ti ha regalato la bicicletta… No, non puoi andarci dentro casa, scordatelo!
Ok, solo nel corridoio però…. No! Non nello studio… Vabbè, però piano….
Perchè vedi… Quando ti abbiamo regalato il triciclo sei scappato via urlando…
Sai cioccolatino mio…
Vederti crescere è una sfida.
Ci sono giorni in cui mi sento così male che, guardandomi allo specchio stento a riconoscermi…
Rughe, capelli bianchi, occhiaie e stanchezza…
Poi però penso a tutte le conquiste, ai progressi, ai traguardi… A tutto ciò che abbiamo costruito insieme.
E vabbè, le occhiaie restano, però quello che vedo sopra le occhiaie, è lo sguardo di una mamma felice.
Buon compleanno amore mio.

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Spegniamo la tv!

È successo durante il nubifragio di due settimane fa: la pioggia,il vento e non so che altro, hanno distrutto la parabola.
Niente parabola significa niente SKY e niente SKY significa niente digitale.
Insomma,niente di niente.
Complice l’efficienza del servizio clienti di SKY, agile come un bradipo ubriaco, la tv è rimasta spenta per alcuni giorni, in attesa che la parabola venisse riparata.
Nel frattempo un Nero sempre più insofferente cercava di contattare l’assistenza,con risultati nulli.
Irritazione, fastidio, improperi di vario genere a tutta la gestione di SKY….
Finché non ci siamo fermati un attimo.
E abbiamo guardato i nostri figli.
Sereni, allegri, bordellisti come sempre,ma molto meno eccitati.
L’iperattività di Ciock ridotta ai minimi storici.
In un solo giorno mio figlio si è dato una calmata e ha cominciato a fare cose che prima non aveva mai fatto.
O che comunque aveva fatto per poco tempo e sempre in maniera distratta, preso da altri interessi e da altre attività (attività/passività come le chiamo io) che non prescindevano dal sottofondo televisivo.
Abbiamo cucinato insieme.
Ritirato i panni e steso un nuovo bucato.
Disegnato e colorato per nostro piacere e non perché lo prevedesse un compito scolastico.
Quindi lo abbiamo fatto di buon grado.
Abbiamo innalzato torri e castelli altissimi con le costruzioni.
Abbiamo ballato,suonato e cantato.
Ma soprattutto: siamo stati insieme con tranquillità, condividendo momenti, giochi, risate.
Senza quell’odioso inquinamento acustico che da un lato attirava e dall’altro innervosiva i miei figli.
Il cambiamento di Ciock,nelle due settimane successive, è stato così evidente da lasciarci sbalorditi.
Niente più salti sui divani, niente più irrefrenabile bisogno di agitarsi e urlare.
Niente più richieste assurde di entrare dentro la tv.
Niente più citazioni sconclusionate dal mondo dei cartoni.
Immediato ritorno di fiamma per i libri sui dinosauri!
E soprattutto: tanta, tanta calma…
Senza parole.
Ci siamo messi a tavolino, il Nero ed io, e abbiamo discusso.
E la decisione è stata presa: la parabola non verrà riparata.
Niente più tv.
Se nostro figlio deve annoiarsi, che si annoi pure, nel silenzio nuovo di zecca di una casa più a sua misura.
Dalla noia troverà l’ispirazione per nuovi giochi.
Come mettermi a soqquadro l’armadio per travestirsi da mostro e far ridere sua sorella.
O ricominciare a far concerti insieme a suo padre.
O creare bellissime torte di Playdoh.
La tv resterà spenta.
Non la butto via, no, ogni tanto qualche selezionatissimo DVD ci sta pure.
E io, non so perché, mi sento felice di questa scelta come non mi capitava da anni.
Una sorta di euforia.
In questi giorni ho rispolverato tutti i miei materiali montessoriani e steineriani e ho rimesso in ordine la piccola libreria che tengo in soggiorno per i bambini, e che ospita i loro giochi preferiti, quelli che usano più spesso.
I miei figli ci si sono buttati.
Barattolini sensoriali, travasi e perle da infilare per la piccola.
Marionette e animali di legno, costruzioni e puzzle per il grande.
E ovviamente tanti fogli bianchi e colorati, pastelli e matite, forbici e colla e tutto l’occorrente per disegnare,dipingere e creare in libertà.
E la cosa più incredibile è che i bambini sono diventati molto più autonomi, si organizzano per giocare, chiedono poco o niente l’intervento degli adulti.
Anche Fragolina.
E tutto questo in sole due settimane.
A questo punto vi starete chiedendo com’era prima che si rompesse la parabola.
Probabilmente starete pensando che i miei bambini stessero tutto il giorno davanti alla tv, che la differenza dovesse essere abissale per notare le conseguenza del cambiamento in così poco tempo e in maniera così macroscopica.
E invece no.
I miei piccoli non guardavano poi tanta tv.
C’erano regole e orari stabiliti e ovviamente programmi scelti per loro.
Eppure la differenza si nota eccome!
Perché basta poco alla tv, per disturbare i bambini.
E allora, meglio niente.
Le notizie si seguono da internet, se vogliamo un film o in cartone in particolare (al massimo uno un paio di volte a settimana) ci sono i DVD.
Personalmente non sento minimamente la mancanza di quell’orribile aggeggio.
Soprattutto dopo aver preso coscienza di come influisse negativamente sull’equilibrio del mio pargolo.
Non dico che sia così per tutti i bambini, ma per uno estremamente ricettivo e vulnerabile agli stimoli come Ciock, si, è stato così.
E mi sento liberata da un peso, sento di aver fatto qualcosa di buono per lui.
Soprattutto perché vedo giornalmente i risultati.
Ed è bello.
Troppo bello.

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Fare il pane,la ricetta della felicità.

No, non è la ricetta del pane che voglio darvi, quella la trovate in rete, in mille versioni e scritta da chi il pane lo sa fare davvero, e ha tanta esperienza (eventualmente andate qui ).
La mia ricetta è davvero quella della felicità.
O per lo meno, di una mezza giornata di felicità.
Bella intensa però.
Il pane in casa volevo farlo da tempo, ma poiché tutti i precedenti tentativi si erano rivelati dei clamorosi fiaschi, avevo messo da parte le mie velleità panificatorie e valutato l’acquisto della macchina del pane.
Ma qualcosa mi tratteneva.
Non ho mai voluto il Bimby, anche se mi attira da morire, perché in realtà quello che amo è stare lì con le mani in pasta: tagliare, affettare, sminuzzare, rimescolare, aggiustare…. Mi piace cucinare alla vecchia maniera.
Mi piace intingere il pane nel sugo e assaggiare dal pentolone col cucchiaio di legno.
Non sarà il massimo dell’igiene, ma è così.
Quindi il pane volevo farmelo da me, soprattutto volevo impastarmelo da me.
E ieri mi sono decisa.
Armata di un sacchetto di farina bio di farro e grano saraceno e di un panetto di lievito e i birra ( prima o poi riuscirò a farmi spacciare un vasetto di pasta madre!) mi sono messa all’opera.
Vi dico subito che alla fine il pane era buonissimo e che lo rifarò quanto prima e vi risparmio le considerazioni sulla convenienza economica e sul “sai cosa mangi”.
La felicità che ho provato è stata altra.
La felicità è stato il silenzio.
La concentrazione.
Le mani in movimento.
La dedizione.
La mente svuotata.
Il freddo del marmo (mia nonna diceva sempre che il pane si fa con le mani fredde!)
L’odore acido del lievito.
Le mani in movimento.
Una canzone in testa.
La seta della farina sotto le dita.
I grani del farro.
Le mani in movimento.
Il volo dei pensieri.
La dolcezza della pasta.
Le mani in movimento.
Felicità pura.
Un’esperienza, quella dell’impastare il mio pane, che mi ha consolato profondamente.
Terapeutica.
Oltre alla soddisfazione del vederlo lievitare, del sentirne il profumo spandersi per casa, del vedere come ci si sono buttati sopra i miei cari!
Buono era proprio buono.
E medicamentoso.
Un semplice pane integrale.
Che può far miracoli.

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Di mamma ce n’è una sola… O forse no?

Ci sono delle cose che mi rattristano profondamente.
Una di queste è l’incapacità delle donne di stare insieme, di fare corpo unico, di essere solidali l’una con l’altra.
Soprattutto nell’universo di quelle che sono già diventate madri.
Una selva del tutte contro tutte.
Tettalebane contro fanatiche del biberon, sostenitrici del parto indolore contro adoratrici della natura e del parto orgasmico, fasce contro passeggini, lettini contro lettoni, lavoratrici contro mammoccupate, Estivillatrici contro Gonzaleziane….
E tutte ad urlare e a scrivere le loro ragioni, le loro motivazioni.
Dandosi addosso, pretendendo di essere una meglio dell’altra.
La frase più ricorrente è “le mamme cesarizzate/biberonmunite/anestetizzate/lavoratrici/coi capelli rossi/con gli occhiali/con la minigonna/operaie/avvocatesse/biodinamiche…… NON SONO MAMME DI SERIE B!!!!!!
E chi l’ha mai detto che ci sono mamme di serie A e mamme di serie B?
Mi sembra un po’ un delirio.
E allora la domanda è: perché tutta quest’ansia di essere mamme perfette, detentrici del verbo, della verità unica, del modello unico genitoriale assoluto?
Perché il bisogno di dare addosso alle altre?
Perché se si sceglie di essere madri in un determinato modo (vedi ad esempio non tenere il figlio nel proprio letto) si deve per forza demolire chi ha fatto una scelta diversa (tieni tuo figlio nel lettoooooo??!!!! Orrore!!!!! Ti diventerà mammone, sociopatico, neuropatico e interista!!!!!).
E si formano le fazioni. E non basta essere convinte sostenitrici della propria filosofia mammesca (mammosofia? Filomammia?) No, bisogna scagliarsi con forza verso chiunque professi un credo diverso.
Una volta era la temutissima sindrome delle mamme al parco.
Ora è diventata la terza guerra mondiale!
E la cosa che mi disturba maggiormente, lo evinco dai tanti blog femminili che vado leggendo, è che si sia venuta a creare una sorta di dicotomia tra le donne che si definiscono femministe e quelle che vengono definite mamme “new age”.
Provo a spiegarmi meglio: su alcuni blog (peraltro belli,interessanti, acuti, colti e ben scritti) ci si accanisce contro le cosiddette madri np, cioè le madri che hanno fatto una scelta basata sull’alto contatto (allattamento prolungato, condivisione del sonno, baby wearing etc…), argomentando che queste scelte riportano indietro ad un ideale stereotipato di donna dedita alla casa e ai figli.
Come se scegliere l’attachment parenting escludesse qualunque altro tipo di identità personale,o precludesse la capacità di conoscere,conoscersi, lottare per i diritti delle donne, liberarsi dagli stereotipi,combattere perché la coscienza di genere diventi patrimonio di tutte le donne, essere donna per le donne.
Io non credo che ciò che mi ha trasmesso mia madre (vera femminista sessantottina) in termini di autocoscienza, solidarietà e sorellanza, possa venire meno o essere messo in discussione dalle mie scelte di maternage.
Credo invece che si possa essere entrambe le cose.
Sostenere il libero arbitrio, il diritto di scelta di ogni donna a decidere che tipo di gravidanza avere e che tipo di parto e pretendere dagli ospedali la massima flessibilità, pur preferendo in prima persona, la non medicalizzazione, il travaglio attivo e il parto spontaneo.
Appoggiare e incoraggiare ogni donna in pieno baby blues a trovare le soluzioni che le permettano di uscirne, pur avendo trovato io le mie (nell’allattamento, nel contatto, nel co-sleeping, in tutto ciò che mi permettesse di conoscere i miei figli attraverso i sensi e di lasciarmi curare la depressione post partum “da loro”, cioè lasciando che il lutto del parto, la separazione e la perdita venissero sostituite da una nuova relazione e da un nuovo contatto, appunto) senza per questo imporle a nessuno.
Credo che difendere e proteggere le donne non significhi incoraggiarle a non allattare i propri bambini o a liberarsi di loro quanto prima per ritrovare la dimensione del sé-donna in contrapposizione a quella del tanto demonizzato sé-madre.
Credo che i due aspetti possano convivere.
Credo che tutelare le donne significhi piuttosto estendere la consapevolezza degli stereotipi di genere e dei loro nefasti effetti sull’immaginario pubblico (maschile e femminile).
Denunciare instancabilmente i femminicidi x far capire che i delitti in casa, all’interno della relazione, sono un’emergenza culturale in un Paese nel quale il delitto d’onore è stato abolito da troppo poco tempo e che è ancora fortemente permeato da una misoginia sconcertante.
Credo che le donne debbano appoggiarsi e sostenersi a vicenda, soprattutto nel momento in cui diventano madri e la società del Bel Paese le esclude automaticamente: dal mondo del lavoro, in primis.
Perché se lavori e diventi mamma sei, senza tanti giri di parole, semplicemente fottuta.
Credo che essere femminista oggi significhi dare battaglia, ingaggiare una guerra senza quartiere, contro l’uso volgare, mercificato e mercificante, svilente e annichilente, che i media fanno del corpo delle donne.
Credo che significhi insegnare alle nostre figlie che la propria sessualità non è in vendita, che fa pare del nostro mondo intimo ed interiore, che il Sé corporeo non può diventare merce di scambio xkè è parte integrante del Sé….
Mente e corpo, inscindibili: se offendi il corpo (vendendolo, oltraggiandolo, modificandolo per adattarlo alle pressioni estetiche o alle esigenze lavorative) stai offendendo la tua anima e la tua mente.
Di questo dovremmo parlare noi donne, su questo dovremmo concentrarci.
E lo si può fare anche con un pupo attaccato alla minna, ve lo assicuro, o portato in fascia alle manifestazioni.
Cosa succede invece sui blog al femminile?
Succede che ci si scanna su tutti gli argomenti che trattano di maternage.
Si aggredisce, si ironizza, si demonizza ogni scelta, da una parte e dall’altra.
Ho letto attacchi feroci alle volontarie della LLL.
Ho letto insulti gratuiti e volgari alle autrici di libri come E se poi prende il vizio? E Bebè a costo zero.
Ho sentito irridere a studi sui benefici dell’allattamento prolungato, portati avanti da eminenti studiosi della California.
E d’altra parte ho assistito a discussioni virtuali in cui madri che lasciavano una notte i propri figli dalla nonna,prima dei diciotto anni, venivano trattate come le sorelle minori di Erode.
O altre discussioni in cui l’epidurale veniva considerata il fallimento totale di una donna come madre. (ok, l’epidurale non è una panacea, ma sempre meglio di un cesareo scelto per paura del dolore, quindi senza alcuna indicazione…. Non è che tutte le donne esultino al pensiero di sentirsi squartare la patata durante quella che dovrebbe essere un’esperienza fondamentale…. E non tutte le donne hanno accesso a corsi preparto condotti da ostetriche serie e preparate…. Insomma, non esageriamo:l’epidurale non è questa tragedia e comunque è sempre giusto che una donna possa scegliere).
Scazzi pesantissimi, toni da denuncia penale.
Tra donne che dovrebbero supportarsi a vicenda.
E non riesco a spiegarmelo.
Mai visto tanto astio,tanto livore, tanto accanimento, come in queste discussioni tra mamme.
Ma perché?
Ok, io capisco che se sei una mamma votata anima e corpo alla causa dell’alto contatto, ti rompe da morire vedere un bambino di sei mesi che piange disperato dentro un passeggino, al reparto casa ordine dell’ikea, mentre una madre esasperata cerca di caricare Antonius sul carrello della spesa…
La mamma ad alto contatto pensa immediatamente “prendiloinbracciodaglilatettamettiloinfasciaportalofuoridaqui”.
Magari quella mamma non ha molta altra scelta…
O se sei una madre che ha scelto di allattare fino ai sei mesi e non di più (perché eri stanca, perché dovevi tornare al lavoro, perché volevi riprenderti i tuoi spazi e la tua indipendenza) non hai proprio voglia di sentirti trattare da madre snaturata.
Insomma, non facciamo altro che darci addosso, criticarci o sfotterci a vicenda, considerarci una meglio dell’altra.
E ci mancherebbe.
Voglio dire: se abbiamo scelto un determinato stile genitoriale è perché siamo straconvinti che sia quello giusto.
Però io penso anche un’altra cosa.
Una madre stanca è stanca, sia che allatti, sia che dia il biberon.
Il sonno è sonno, quando tuo figlio non dorme nel suo lettino, e quando si risveglia venti volte a notte nel lettone per prendere la tetta.
La depressione, la solitudine, il senso di inadeguatezza e di sconforto che ti pigliano (soprattutto al primo figlio) all’inizio della carriera da mamma…. Con tutte quelle persone, tutti quegli esperti che dai giornali, dalla tv, dal web, ti dicono cosa devi fare, quando farlo e come….
Ma saranno pure momenti di merda uguali per tutte,no?
Poi magari c’è quella che reagisce scappando, mollando il figlio ai nonni e prendendosi una vacanza (mentre ha ancora i lochi) e quella che si super organizza, c’è quella che va al corso di massaggio neonatale e quella che all’improvviso scopre che dagli occhi di suo figlio si vede il miglior panorama del mondo….
Ognuna reagisce a suo modo.
Anche alle cose belle, ai momenti felici… Anche nella valutazione dei momenti felici.
Ci sarà la mamma felice xkè il pupo ha dormito tutta la notte, quella in estasi davanti al primo scarabocchio, quella che non sarà soddisfatta finche il figlio non avrà vinto il Nobel (uno qualsiasi, non stiamo qui a sottilizzare) e quella che non batterà ciglio davanti all’ennesima maglia sporca di cioccolato/colori a dito/pomodoro….
E non perché ha un piccolo segreto, come la candida signora della pubblicità di un noto additivo (no, parliamone di quanto sono idiote le donne delle pubblicità, parliamone di come veniamo ritratte…. Magari un’altra volta, ma parliamone) che porta la sua amica in lavanderia per condividerlo con lei…. Che io nella mia lavanderia non fare entrare neanche un esorcista e l’ultima volta che ho portato una mia amica a condividere un segreto era per farle vedere un completino Intimissimi da urlo o per farle leggere in anteprima il mio ultimo elaborato per la scuola di psicoanalisi.
Vabbè, torniamo a noi, la mamma che non si scompone di fronte alla maglietta sporca è semplicemente felice di vedere suo figlio che gioca e si impiastriccia.
Poi c’è quella che gli sottrarrà il conto della tintoria dalla paghetta fino al raggiungimento della maggiore età.
Ma porca paletta…. Perché queste mamme devono sempre dimostrare di essere ognuna più figa delle altre?
Questa competizione sfrenata, che poi diventa competizione tra i pargoli, a me mette una tristezza boia.
E allora, come messaggio di pace, voglio condividere con voi….. Un piccolo segreto!
NOOOO!!!!!!!
No, davvero: un libro.
Un libro di cui avevo già parlato questa estate,ma che secondo me ogni mamma dovrebbe leggere insieme ai propri bambini.
Si chiama Mamme di Arianna Giorgia Bonazzi e Vittoria Facchini, edito da Rizzoli.
Sono ritratti.
Ritratti di mamme viste con gli occhi dei loro bimbi.

Mamme pasticcione
Mamme perfettine
Mamme apprensive
Mamme avventurose
Mamme casalinghe
Mamme in carriera.
Ma soprattutto mamme pronte a scherzare con i propri bambini e a coccolarli moltissimo.un grande libro tenero, sul legame più importante.

Leggetevelo.
Ognuna di voi troverà la mamma nella quale riconoscersi.
E con un po’ di perfidia riuscirà ad identificare parenti, amiche e conoscenti!
E naturalmente, la propria madre.
Chi mi ha regalato (o meglio lo ha regalato a Ciock) questo gioiellino?
Ma mia madre, ovviamente!

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Cereali misti in verde

La conditio si qua non per la buona riuscita di questo strepitoso sformato è: tornare a casa tardi senza aver fatto la spesa e guardare sconsolata i propri barattoli di cereali, tutti ridotti a meno della metà del contenuto, assolutamente inservibili per qualsivoglia piatto codificato.
Eccoli lì, belli allineati sulla mensola sella cucina: un residuo di orzo perlato, un residuo di quinoa, un residuo di riso non meglio identificato (credo un banalissimo arborio).
Diciamo un cento grammi per barattolo, chicco più, chicco meno.
Che fare?
Sopralluogo in frigorifero.
Mezzo cavolfiore viola, tre carote con disfunzione erettile, una costa di sedano in limine mortis, un mazzo di spinaci catatonici e una cipolla prossima al germoglio.
Nel piatto dei formaggi: un culazzo di affumicato e un pezzo di parmigiano.
Le uova fresche non mancano, grazie al pensiero gentile e molto siculo di un amico gallinemunito del Comandante: “le hanno deposte oggi: pottaccilli ai picciriddi”.
Bene, vediamo un po’.
Metto sul fuoco un bel pentolone d’acqua, modello paiolo delle streghe e appena bolle, butto tutto dentro: le verdure lavate e tagliate a pezzetti, la quinoa ben lavata e i cereali.
Un pugno di siculissimo sale integrale e via di timer: 25 min dovrebbero bastare, voglio che i cavolfiori restino croccanti.
Ultimata la cottura, passo tutto in una terrina e mescolo energicamente, unendo un uovo, il formaggio tagliato a cubetti, il parmigiano grattugiato, aglio in polvere, basilico e semi di finocchio.
Spolvero con pangrattato e semi di sesamo e inforno a 200 gradi per 15 minuti.
Una roba spettacolare!!!!!

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